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QUANDO L'ABUSO DIVENTA REATO!!!!  Cosa accade se un dipendente che assiste un familiare disabile ABUSA di un diritto concessogli per dedicarsi ad attività di ozio o svago, per effettuare gite fuori porta, per partecipare a convention, per sottoporsi a cure estetiche personali, ecc ........

Premesso che la Legge del 5 febbraio 1992 n. 104 è una Legge-QUADRO istituita per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone portatrici di handicap;

Premesso che la legge definisce (art.3) persona con handicap chi presenta una minorazione fisica, psichica o sensoriale, stabilizzata o progressiva, che é causa di difficoltà di apprendimento, di relazione o di integrazione lavorativa e tale da determinare un processo di svantaggio sociale o di emarginazione;

Premesso che la persona con handicap ha diritto alle prestazioni stabilite in suo favore in relazione alla natura e alla consistenza della minorazione, alla capacità complessiva individuale residua e alla efficacia delle terapie riabilitative e qualora la minorazione, singola o plurima, abbia ridotto l'autonomia personale, correlata all'età, in modo da rendere necessario un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale nella sfera individuale o in quella di relazione, la situazione assume connotazione di gravità;

la Legge 104 del 5 febbraio 1992 all'articolo 33 prevede agevolazioni lavorative per i familiari che assistono persone con handicap e per gli stessi lavoratori con disabilità consistenti in tre giorni di permesso mensile o, in alcuni casi, in due ore di permesso giornaliero.

Senza entrare nel merito delle condizioni, della documentazione necessaria e dell'iter da seguire per accedere ai permessi lavorativi, cosa accade se un dipendente che assiste il familiare disabile ABUSA del diritto concessogli per dedicarsi ad attività di ozio o svago, per effettuare gite fuori porta, per partecipare a convention, per sottoporsi a cure estetiche personali, ecc…?

L'abuso è reato!!! Non solo perché lede il rapporto fiduciario con il datore di lavoro, non solo perché vìola i principi di correttezza e buona fede, non solo perché grava sui "compagni di lavoro" che per sostituirlo subiscono una maggiore penosità della prestazione lavorativa, ma perché rappresenta un "disvalore sociale" in quanto il lavoratore usufruendo dei permessi per soddisfare proprie esigenze personali, scarica il costo sull'intera collettività, compie un danno nei confronti dello Stato, del Servizio Sanitario Nazionale sul quale gravano le relative indennità, anticipate dall'azienda e poi rifuse dall'INPS, adottando un comportamento che vìola i doveri imposti dalla convivenza sociale.

L'abuso è causa di licenziamento (per giusta causa) del dipendente!

Il datore di lavoro che intenda intraprendere un'azione di controllo nei confronti del dipendente che stia usufruendo dei giorni di permesso di Legge 104/92, avvalendosi di investigatori o testimonianze fotografiche, non vìola né la privacy né lo Statuto del Lavoratore in quanto il "controllo a distanza" è limitato e finalizzato ad accertare eventuali atti illeciti e non l'adempimento della prestazione lavorativa. Il ricorso all'attività investigativa è giustificato quando vi siano concreti sospetti dell'azienda sul comportamento del lavoratore.

Numerose le sentenze della Cassazione contro gli abusi dei permessi previsti dalla Legge 104/92. Con le due più recenti, la n. 9749/2016 e la n. 9217/2016, la Corte di Cassazione, che è al vertice della giurisdizione ordinaria ed ha la funzione di assicurare l'esatta osservanza e l'uniforme interpretazione della legge, è ritornata sul tema ribadendo la legittimità del licenziamento irrogato a seguito dell'accertato illecito utilizzo di tali benefici in quanto compromette irrimediabilmente il vincolo fiduciario indispensabile per la prosecuzione del rapporto di lavoro. A tutto ciò si deve comunque aggiungere il fatto che l'utilizzo dei permessi per fini diversi da quelli per i quali sono stati concessi e la falsa certificazione possono integrare gli estremi dei reati penali di falso e truffa. Una regola che in fondo vale per tutte le tipologie di permessi e che, a maggior ragione, deve valere anche per i permessi fruiti per l'assistenza di un parente disabile, il cui costo grava sull'intera collettività. Tuttavia, in numerose sentenze la Cassazione evidenzia che a giustificare il licenziamento non è tanto l'entità del danno eventualmente arrecato a cagione della condotta addebitata, quanto piuttosto l'incidenza di quest'ultima sul fondamentale vincolo fiduciario che sottende ogni rapporto lavorativo, sia esso alle dipendenze di un privato che dello Stato. In sintesi, le numerose e concordanti sentenze della Cassazione dimostrano che, se è possibile accertare, con qualunque mezzo lecito, la gravità della condotta del lavoratore che utilizza indebitamente i permessi per l'assistenza di cui all'art. 33 della Legge 104/92, il licenziamento è legittimo.

Resta comunque l'amaro in bocca perché …..

L'abuso di un diritto lede SEMPRE la dignità dell'altro.