LE DIMISSIONI PER GIUSTA CAUSA

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Durante un rapporto di lavoro possono verificarsi situazioni tali per cui un lavoratore si senta costretto a dimettersi lamentando una "giusta causa", ossia il verificarsi di un fatto grave tale da porre in crisi il rapporto di fiducia tra le parti.

Le dimissioni per giusta causa da un rapporto di lavoro subordinato, sono disciplinate dall'art. 2119 c.c. che recita "Ciascuno dei contraenti può recedere dal contratto, prima della scadenza del termine, se il contratto è a tempo determinato o senza preavviso, se il contratto è a tempo indeterminato, qualora si verifichi una causa che non consenta la prosecuzione, anche provvisoria, del rapporto. Se il contratto è a tempo indeterminato, al prestatore di lavoro che recede per giusta causa compete l'indennità sostitutiva del preavviso. Non costituisce giusta causa di risoluzione del contratto il fallimento dell'imprenditore o la liquidazione coatta amministrativa dell'azienda".

Quali sono i motivi in base ai quali un lavoratore ha diritto a dimettersi per giusta causa?

La Circolare dell'INPS del 20/10/2003 n. 163 e la giurisprudenza ne hanno elencato una serie di ipotesi:

1.reiterato mancato pagamento della retribuzione (Cass., 26 gennaio 1988, n. 648), da almeno due mesi e non più di sei per non incorrere in una implicita accettazione della situazione ;

2.molestie sessuali sul luogo di lavoro (Trib. Milano, 16 giugno 1999) e pretesa di prestazioni illecite;

3.modificazioni fortemente peggiorative delle mansioni, tali da pregiudicare la vita professionale del lavoratore (Cass., 13 giugno 2014, n. 13485): ovviamente non ci si trova, in questo caso, di fronte alle legittime ipotesi di demansionamento previste dal nuovo art. 2103 c.c. ed a quelle tutelate, ad esempio, dall'art. 4,comma 4 e 10, comma 3, della legge n. 68/1999 (lavoratori disabili) e dall'art. 41, comma 6, e 42 del D.L.vo n. 81/2008( inidoneità accertata dal medico competente a seguito di visita sanitaria ed adibizione a mansioni inferiori conseguenti, con la conservazione del trattamento economico);

4.mobbing, consistente in condotte vessatorie e reiterate poste in essere da superiori gerarchici o colleghi, le cui caratteristiche risiedono nella protrazione, nel tempo, di una serie di comportamenti con tali caratteristiche e con la volontà di giungere ad una sorta di emarginazione del lavoratore;

5.notevole variazioni nelle condizioni di lavoro susseguenti alla cessione dell'azienda o ramo di essa, anche attraverso la forma dell'affitto (art. 2112 c.c.);

6.spostamento del lavoratore da una unità produttiva all'altra senza che siano sussistenti le "comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive" richieste dal nuovo art. 2103 c.c., come riscritto dall'art. 3 del D.L.vo n. 81/2015;

7.comportamento ingiurioso del superiore gerarchico nei confronti dell'interessato (Cass., 11 febbraio 2000, n. 1542; Cass., 29 novembre 1985, n. 5977).

Cosa deve fare il lavoratore che intenda dimettersi per giusta causa?

Le dimissioni, essendo un atto unilaterale recettizio (è efficace nel momento in cui il destinatario ne viene a conoscenza), devono avvenire con l'unico modo attualmente possibile e valido, attraverso il modello telematico della convalida preventiva. Potrà farlo autonomamente attraverso il canale INPS (con possesso delle credenziali di accesso) o con l'ausilio degli intermediari abilitati (Consulenti del Lavoro, patronati, organizzazioni sindacali, enti bilaterali, funzionari Ispettorato territoriale del Lavoro, ecc..). Il modello predisposto verrà inviato alla casella di posta elettronica certificata (pec) al datore di lavoro e la risoluzione del rapporto di lavoro diverrà efficace nel momento stesso in cui verrà ricevuto.

Quali diritti ha un lavoratore che si dimette per giusta causa?

Il lavoratore che presenta le dimissioni per giusta causa ha diritto:

  • all'indennità sostitutiva del preavviso direttamente rapportata al periodo previsto dalla contrattazione collettiva;
  • indennità NASPI (da richiedere telematicamente all'INPS entro il termine di decadenza di 68 giorni decorrenti dalla cessazione del rapporto) qualora sussistano i presupposti indicati dall'art.3 del D. L.vo n.22/2015 (ravvisabili in 13 settimane di contribuzione nei 4 anni precedenti l'inizio del periodo di disoccupazione, in 30 giorni di lavoro effettivo nei 12 mesi precedenti l'inizio del periodo di disoccupazione).

Quali sono gli effetti per il datore di lavoro in caso di lavoratore che si dimette per giusta causa?

In capo al datore di lavoro ricorrono due obblighi:

  • corresponsione dell'indennità sostitutiva del preavviso, il cui calcolo ai sensi dell'art. 2121 c.c. deve tenere conto della retribuzione in atto al momento della cessazione del rapporto, comprensiva degli elementi che presentano una natura continuativa;
  • versamento del c.d. "contributo di ingresso alla NASPI". Il contributo, per l'anno 2018, è pari 495,34 euro (41% di 1.208,15 euro) per ogni anno di lavoro effettuato, fino ad un massimo di 3 anni (l'importo massimo del contributo è pari a 1.486,02 euro per rapporti di lavoro di durata pari o superiore a 36 mesi).
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